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Lo sfogo o la confessione di un manipolatore?

E-mail n° 14

Se dovessi minuziosamente raccontarle quello che è stata la mia vita non credo che lei capirebbe, perché come tutte le professioniste, psicologhe, criminologhe il vostro esser donne vi porta a schieravi unite e compatte a cercare nell'uomo il mostro, siete abituate sin da ragazze a confidarvi a sostenervi l’una con l’altra e da donne adulte difficilmente credereste ad una storia simile. E’ vero che il numero dei femminicidi è enorme. Maschi che ritraggono dietro la schiena, le mani maleodoranti del sangue caldo della loro violenza giustificandosi dietro allontanamenti volontari delle loro consorti.Condanno queste azioni, ma il dolore, il non riuscire a confessarlo, la paura della derisione ti apre una voragine dentro e non ti importa se con te trascini altri all’inferno. Nell’animo e nei pensieri sono stato un mostro che ha cercato di giustificare la follia della violenza. Ma chi crederebbe ad un uomo ch’è stato maltrattato da una donna?Sono stato preso in giro per anni da quei maschietti che in piazza o per le strade dei vicoli si radunavano sotto i portoni di quei quartieri a cui non sfugge neanche il colore delle mutande che indossi, perché i panni sporchi si lavano in famiglia, ma è fuori al chiacchiericcio della gente che l’umiliazione asciuga le lacrime di un uomo. Sono stato cornificato ed ho taciuto per non sfasciare la mia famiglia, ho fatto finta di nulla quando rientrando a casa, incontravo, fresco di doccia, odorante del mio pino silvestre, chi aveva disfatto qualche minuto prima le mie lenzuola coniugali. Ho fatto lo zerbino, il servo di una donna, per la quale non riuscivo più a capire i sentimenti che nutrivo. Non riuscivo più a riconoscere la donna che avevo sposato, accanto mi si assopiva un pezzo di marmo, fredda, egoista che godeva nel vedermi svanire un poco alla volta: non riuscivo più a mangiare e a dormire. Nel mio cervello albergavano pensieri di cui mi vergogno a parlarne.HO taciuto per offrire una finta serenità alle mie figlie, la mia gioia erano loro, ho negato ai miei genitori il mio fallimento matrimoniale, ma lo sapevano tutti e tutti chinavano la testa con me compreso e facevamo finta di nulla. Il cornuto mente sempre a se stesso, fino a quando non gli muore dentro la voglia di vivere. Piano, piano sono emerso dal fango, respirando aria nuova, fino a quando non ho smesso di piangermi a dosso. Non era l’unica donna al mondo! Lo avevo capito, non ero l’unico cornuto e non mi sarei tolto la gioia di stringere tra le mie braccia le mie bambine o altre donne. Le sbarre non mi avrebbero restituito la mia famiglia, l’amore o il mio onore. Mi ha lasciato, anzi ci ha lasciato. Si è fatta una nuova vita, non conduce la grande vita che tanto sperava e ad averlo saputo ho goduto, per il male che mi ha fatto. Io sono invecchiato senza una relazione stabile. Non è anche questa, una forma di violenza psicologica? Condannato in eterno a sfuggire dall’amore per paura di essere lasciato. Una donna mi ha tolto la gioia, la speranza e la fiducia di mettermi in discussione in un rapporto vero e forse per colpa di quel vecchio rancore abbandono o mi faccio lasciare dalle altre donne facendo emergere il peggio di me stesso. Una donna mi ha tolto la mia dignità di uomo, trasformandomi in un predatore psicologico. Non creda che non sia seguito da uno specialista! Sono in cura da uno psicoterapeuta da dieci anni.Quando l’ho conosciuta, mi sono innamorato di quel suo carattere da bambina che io pensavo fosse solo il sintomo di una donna alla ricerca di attenzione, perché per me tutte le donne all’inizio sono piene di premure è un mettersi in mostra, è come se ti dicessero scegli me, sono la migliore. Mia moglie ha smesso di essere moglie, amica, amante e madre solo dopo 5 anni di matrimonio. Sono emersi angoli spigolosi del suo carattere che indubbiamente c'erano anche prima e tolleravo facendo finta di nulla, sorpassavo, sperando in momenti migliori. Rifiutava una carezza, si girava dall'altra parte, non c'era una sera che a lei andasse bene e di giorno era piena di parole amare, frustranti per l'orgoglio di qualsiasi uomo.Mi giudicava un bamboccio, perché ero coccolato e amato dalla mia famiglia, come se fosse invidiosa di tanto affetto, eppure la mia famiglia, le ha dato molto. Non le andava bene come mi vestivo, non le andava bene come mangiavo, non le andava bene chi frequentavo e spesso con lo sguardo e socchigni mi sminuiva in mezzo agli altri, perchè ero diventato pelle e ossa ai suoi occhi. Toccarmi le facevo senso. Mi stavo spegnendo, perché non riuscivo a colmare la mia fame d’amore, mi mancava un abbraccio, un sorriso, piccole cose che per me erano importanti e che nei rapporti di coppia sono date per scontate; sentivo il vuoto crescermi dentro, non riuscivo a guardare la bellezza di un paesaggio i cui colori erano sfocati, perché la vita mi sembrava sbiadita, non vedevo neanche i sorrisi delle mie bambine, lasciate sole a se stesse. Un uomo spento che non aveva più cura della sua persona. Mangiavo e dormivo quando ci riuscivo e mi costringevo ad andare a lavorare per sfamare la famiglia e pagare un mutuo. Mi creda non sto esagerando, le ho risparmiato i dettagli che ricordo minuziosamente, perché li ho scritti tutti, su un quaderno che spero di far leggere alle mie figlie, quando saranno donne o di stracciare appena mi libero, non da mia moglie che ormai non vedo da anni, ma da quel dolore che mi ha reso un uomo che non riconosco. Famelico corteggio e mi rifuggo nelle braccia di una donna per poi andarmene egoisticamente soddisfatto di averle rubato non le emozioni che sono state condivise, ma il tempo di quell’orologio biologico a cui tanto voi donne tenete. Le inganno, ne sono consapevole, ma non posso farne a meno, non solo per puro piacere fisico, ma sono alla continua ricerca di conferme che posso attrarre più donne possibili ed ogni conquista è un urlo interiore disumano di vittoria a quelle offese subite che mi riecheggiano ancora nelle orecchie. Non sono un manipolatore, ma se mi definisce tale, lo sono diventato per colpa di una donna che amavo più di me stesso e mettendo nero su bianco la mia rabbia, non mi sto lavando la coscienza, non è un grido di aiuto, ma un sentirmi buono per una frazione di secondi. Se questa mia confessione può servirle a qualcosa o a qualcuno se ne servi pure. Spero che le mie ragazze non si innamorino di un uomo simile a quello che sono oggi. Questo è il mio contributo al suo progetto “IO VALGO”. Buon lavoro Dottoressa Amantea.

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